PEDAGOGIA: Torino e Firenze

 



Antonio Rosmini ha rappresentato un momento centrale nella cultura cattolico liberale tuttavia ci sono stati altri studiosi e altre esperienze che hanno dato un grande contributo. Questo si poté vedere specialmente nelle zone piemontesi e in parte di quelle toscane.

La riflessione rosminiana con particolare intensità su un gruppo di uomini di scuola, studiosi di pedagogia e anche personalità politiche e, che opera a Torino tra gli anni quaranta e cinquanta del diciannovesimo secolo.

Grazie ai cattolico liberali che guardarono a Rosmini come un maestro di sapienza filosofica e politica si deve l'avvio del processo di modernizzazione del sistema scolastico del Regno di Sardegna, poi destinata a tradursi dopo il 1860, nel sistema scolastico italiano.


Reputarono necessario sottrarre l'organizzazione scolastica alle congregazioni religiose in specie i gesuiti.

Reputarono necessario attribuire allo stato il controllo dell'organizzazione scolastica.


Nel 1848 fu approvata la legge istitutiva del ministero della pubblica istruzione che segnava il passaggio delle scuole delle autorità della chiesa a quelle dello stato.


L'azione la cicatrice della scuola non aveva scopi anticlericali e, anzi, l'insegnamento è religioso continuava a essere previsto. L'intervento dello stato Era visto come garanzia affinché l'educazione della persona fosse effettivamente riconosciuta non come concessione, ma come diritto.


Allo stesso tempo Venne predisposto un vasto piano per la preparazione dei maestri.



Il piano di rinnovamento scolastico fu completato con l'avvio di un editoria scolastica accuratamente pianificata rispetto ai bisogni didattici e diversi tipi di scuole. Le esperienze maturate in Piemonte tra il 1848 e il 1859 furono la base della legge del 1859, detta legge casati, che costituì il fondamento giuridico della scuola italiana dopo l'unità e fino al 1923, cioè fino alla riforma scolastica nota come Riforma Gentile.



Don Bosco



  • A Torino prese avvio la più importante esperienza della così definita pedagogia povera.
  • Nel 1846 Don Giovanni Bosco aprì nella periferia della capitale, nel borgo di valdocco, un oratorio per i giovani:
-luogo di educazione e distruzione, 

-di ricreazione e di formazione religiosa, 

di studio ed avviamento a lavoro, 

primo tassello della società salesiana assorta nel 1859 e poi rapidamente diffusasi in varie parti dai d'Italia e anche all'estero.


Don Bosco rappresentava una figura di notevole interesse educativo anche se non seguì particolari studi specialistici e neppure diede alle stampe trattati di pedagogia.

Tra i principi intorno a cui agirono Don Bosco e, sulla sua ascesa i salesiani troviamo:

-prendersi cura dei giovani

-educazione preventiva (il cosiddetto sistema preventivo)

-valorizzazione del tempo libero


L'altro è importante laboratorio di riflessione e pedagogica pre unitaria e anch'esso di orientamento cattolico liberale prese fisionomia, fin dagli anni venti e trenta in Toscana, per opera di educatori studiosi come:

  •  Raffaello lambruschini,
  •  Gino Capponi,
  •  Cosimo Ridolfi,
  •  Enrico Mayer, 
  •  Pietro Thouar. 
Questi studiosi operarono in varie direzioni, in genere più pedagogiche che politico scolastiche. Differenza del gruppo piemontese che, in seguito alle favorevoli condizioni politiche degli anni di Carlo Alberto, poter agire in termini di vere e proprie riforme scolastiche, il cenacolo Toscano fu soprattutto luogo di esperimenti didattici, di studio e di promozione di nuove idee.


Raffaello Lambruschini nato a Genova nel 1688 e morto a Firenze nel 1873 fu la persona a cui si deve la fondazione del primo giornale di pedagogico italiano:


"La guida dell'educatore"


Rosmini centrò la sua pedagogia sulla dignità della persona mentre lambruschini si affidò alla bussola della coltivazione della libertà personale punto con entrambi tuttavia si è in presenza di una novità rispetto alle prassi correnti nel primo Ottocento:

Rosmini: riconoscere anche ceti subalterni una dignità spesso calpestata nei fatti

Lambruschini: le pratiche educative esaltavano il rispetto della libertà contro consuetudini correnti che puntavano soprattutto sulla forza dell'autorità.


L'educazione è dunque l'esito della cooperazione tra l'educatore e il soggetto che cresce. Il compito del primo è quello di esercitare una vera maieutica di tipo socratico in modo da liberare e sostenere i buoni germi presenti nel discepolo. 



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