PEDAGOGIA: PEDAGOGIE DEL DIALOGO DELLA PAROLA



L’IMPORTANZA DELLE RELAZIONI INTERPERSONALI





L'importanza crescente attribuita nella pedagogia contemporanea alla figura di un adulto capace di sostenere, affiancare e interagire (più che dirigere e ordinare) il soggetto in formazione viene confermata da un altro settore della riflessione educativa e precisamente quello che pone al centro dell'educazione l'interesse vitale primario per la relazione interpersonale. 


Intorno a questa prospettiva si sono sviluppate nei decenni centrali del secolo scorso le pedagogie del dialogo e della parola. 

Esse risultano sostenute da argomenti filosofici riguardanti l'entità dell'umano. Secondo la proposta avanzata da queste pedagogie, per recuperare il senso dell'educare non basta creare situazioni favorevoli alla crescita biologica e psicologica del minore e neppure è sufficiente liberare le potenzialità di cui ciascuno dispone, occorre piuttosto partire dalla constatazione che l'essere umano non è dotato di tutto ciò di cui ha bisogno per diventare una persona compiuta sul piano nazionale, affettivo ed etico e c'è bisogno di relazioni umane che lo risvegliano alla coscienza di sé stesso, che lo avviano al mistero di essere umano e cioè che lo introducono nel mondo o lo aiutano a farne una esperienza reale e sensata. 

L'educazione alla sua base ha necessità di un'esperienza elementare di relazioni positivi, semplici e donative, attraverso le quali chi cresce sperimenta la cura dell'altro e attraverso questa sì inoltre nelle vie del mondo arricchita dall'esperienza di chi è vicino.


MARTIN BUBER: UNA PEDAGOGIA DIALOGICA:


Martin Weber pensa all'educazione in una prospettiva dialogica in linea con il principio che l'uomo si conosce e si realizza solo mediante la relazione. 

L'accettazione delle alterità dell'alunno costituisce pertanto il caposaldo della concezione pedagogica puberiana: soltanto nella reciprocità del pieno essere tra l'educatore soggetto e informazione si compie una perfetta Intesa. 

Lo studioso ebraico è critico, sia verso le pedagogie incentrate sulle attività della persona che cresce se nei confronti delle posizioni teoriche e pratiche educative che pongono al centro Estro, e norme etiche e sociali. Poiché in entrambi i casi manca la relazione in tre 

ROMANO GUARDIANI:UNA PEDAGOGIA DELL’INCONTRO:



Uno dei pensatori più importanti del secolo scorso, il principio pedagogico del dialogo non si manifesta nelle modalità dell'incontro. 

Egli si interroga su identità dell'uomo contemporaneo e sul rischio che questi possa diventare l'artefice della propria autodistruzione anziché della propria felicità.

Secondo Guardini, l'essere umano ha infatti dentro di sé la forza per non essere sopraffatto dalla violenza, dagli egoismi, dall'estraneità reciproca, condizione che sappia aprirsi all'incontro e superare la tentazione di pensare come autosufficiente. 


Con l'espressione incontro il filosofo educatore tedesco intende l'esperienza attraverso la quale la persona esce da se stessa e si misura con le varie manifestazioni della realtà. 

L’esperienza dell’incontro ha dunque una forte valenza educativa in quanto costituisce la via privilegiata per raggiungere la piena realizzazione di sé.


DON MILANI:LA SCUOLA DEVE ESSERE PER TUTTI:





Egli interpreta l'esigenza relazionale dei termini della padronanza della parola. 

Lio e l'altro non esisterebbero senza la mediazione della parola perché proprio il possesso di quest'ultima è ciò che trasforma l'individuo in persona umana. 

La parola è il segno della potenza del suo spirito ed è lo strumento, da un lato e per vincere la suprema malattia dell'io cioè l'egoismo e la solitudine, e dall'altro per inserirsi in modo attivo e costruttivo nella realtà sociale. 

Le iniziative educative promosse Don Milani (in particolare la scuola è aperta nel Piccolo borgo di barbiana di cui esperienze sono alla base del volume lettera ad una professoressa, 1967) rispondono a Luna e l'altro motivo. 

Esse sono infatti segnate dall'intento:

  •  dare la parola chi non ce l'ha 

  • Riscatto decisi popolari (attraverso la piena padronanza della parola)

Soltanto attraverso una scuola capace di dar la parola a tutti, secondo egli, diventa possibile accetti culturalmente socialmente più deboli uscire dalla marginalità e manifestarsi quindi loro valori e la loro capacità di interpretare il senso della vita 


L’EMPATIA COME VIA EDUCATIVA:

Stein propone in chiave filosofica rafforza pedagogica dell'empatia che verrà poi indagata da Rogers dal punto di vista psicologico. Come una via educativa privilegiata per la conoscenza e per la realizzazione di sé. 

I rapporti empatico, si presenta come possibilità autentica di coeducazione, agendo tra persona e persona, e sul piano scolastico, in forma reciproca tra docente allievo.


IN SINTESI:

Gli studiosi precedenti sono a favore di modelli educativo progettato come un cammino comune, lungo il quale maestro discepolo si riconoscono soggetti con partecipi di un medesimo destino, basato sull'impegno, sincerità la disponibilità reciproca, la comprensione. 

Le autorità e la libertà non sono concepiti come fattori educativi contrapposti, ma parte di una negoziazione tra chi ha la responsabilità della guida di altri e chi ha impegnato nella faticosa esperienza della crescita umana. 

Nel processo relazionale ed educativo la parola svolge una funzione primaria nell'apertura dell'altro. 



UNA PROPOSTA EDUCATIVA LIBERA:

Nella pedagogia del novecentovirgola le pedagogia del dialogo e della parola si presentano con una loro peculiarità, sostituendosi tra due differenti proposte

  • Da un lato le pedagogie incentrate sul primato della cultura e dei valori oggettivi 

  • Dall'altro le teorie e puerocentriche

Queste pedagogie puntano da presentare una terza alternativa. 

Chi propone un'educazione ancorata ai principi delle autorità del maestro della cultura, non comprende il bisogno della libertà e della spontaneità. 

Ma chi si affida sola queste ultime adottando le quali criterio educativo assoluto rischia di finire nel libertarismo e cioè nell'atteggiamento di chi enfatizza la libertà individuale, sottovalutando i vincoli poste dalla realtà. 

È importante quindi costruire piuttosto una partecipazione personale. Questa si compie quando i soggetti in formazione è dapprima libero di mantenere in gioco se stesse e poi disposto a confrontarsi con i valori autentici proposti, non imposti, dal maestro. 

L'educatore che impone, divide l'animo dell'allievo da una parte che obbedisce e dall'altra che si ribella. 

Il giocatore dialogico invece accetta l'allievo così com'è e con lui intraprende un cammino. 

L'esperienza dell'incontro e della relazione farà in modo che il rapporto tra chi educa e chi viene educato non degeneri nella lotta tra le due volontà.


DIALOGO EDUCATIVO E PRATICA DELL’AVER CURA:

Intrecciate per molti aspetti ha le pedagogie dialogiche e della relazione interseggettiva, si sono sviluppate alcune tesi( nel corso dell’ottocento) che richiamano la forza educativa della cura. 

La cura può essere interpretata sia nel senso di aver cura sia come prendersi cura 

  • Aver cura significa agire attivamente verso una persona, più ampiamente verso un contesto, la situazione, una realtà nella quale non si accetta una funzione passiva o di meno adattamento. 


  • Quando si parla di prendersi cura ci si riferisce alle svariate pratiche mediante cui si stabiliscono relazioni significative con gli altri punto la tensione costituisce primo concreto gesto di cura, la disposizione principale dalla quale si gli partono gli altri atti della cura come l'ascolto, la gettazione, disponibilità e nelle reciprocità. 

Si riaffacciano e, nelle tematiche della cura educativa, motivi che hanno accompagnato altri riflessioni pedagogiche del Novecento, per esempio la forza mobilità anche dell'epatia oppure la centralità Nella formazione dell'educatore e della sua capacità di autocontrollo di riflessione su se stesso (per avere quella degli altri, occorre prima prendersi cura di se stessi).












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